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“Ragazzi, cos’è la Matematica?”
- 09/10/2017
- Pubblicato da: Riccardo Gianni
- Categoria: MATEMATICA SCUOLA
Questa settimana abbiamo deciso di dar voce al nostro collaboratore e collega Riccardo Gianni, docente di matematica nella scuola secondaria di secondo grado. Siamo convinti che la condivisione delle esperienze sia uno dei modi migliori per volare in alto insieme ai nostri studenti!
Primo giorno in III scientifico, nella mia nuova scuola.
Io non li conosco, loro non mi conoscono.
“Sono una classe molto reattiva” mi diceva una collega; “si coinvolgono subito personalmente” proseguiva un’altra.
Ma come si può cominciare l’anno con una classe così? Come ci si può mettere al lavoro senza iniziare con le parole “aprite il vostro libro a pagina…”?
Il giorno di un collegio docenti mi infervoro parlando del significato della Matematica, della difficoltà nel definirla e della profondità indiscutibile del suo rigore e lì… Eureka! Porrò loro la domanda: Cos’è la Matematica?
Nei giorni successivi mi spremo le meningi per pensare a come porre la questione, quindi arrivo a produrre una presentazione PowerPoint, con 5 slides con altrettante citazioni di miei “amici più grandi”, che mi aiutino nel dialogo con gli studenti su un tema così ostico.
“È un salto senza rete” mi dico prima di cominciare, mentre nei dieci minuti prima dell’inizio della scuola sistemo la LIM per proiettare le slide.
Entrano tutti, faccio l’appello: cerco di memorizzare già i nomi, ma sarà dura associare subito un nome ad ognuna di quelle facce nuove… Finito con calma l’appello, parlo al volo di cosa faremo quest’anno e di quali temi approfondiremo, poi subito passo a chiedere cosa ne pensano: “Ma ragazzi, cos’è la Matematica?”
Per qualche istante in classe si crea un silenzio denso, quindi continuo dicendo: “Per chiunque – anche per me! – è difficile dare una risposta sintetica a questa domanda, ma proprio per questo desidero che conosciate alcuni miei amici, che di certo possono aiutarci con le loro riflessioni.”
Partiamo da Galileo, con la sua celeberrima affermazione sul libro dell’universo “scritto in linguaggio matematico” e quindi con una riflessione di Papa Benedetto XVI, piena di ammirazione e contemplazione, di fronte alla corrispondenza tra le strutture della Matematica e quelle della realtà.
“No, Professore, scusi…” interviene F, un ragazzo al primo banco centrale “…la Matematica non è in grado di rispecchiare perfettamente la realtà: una retta è una linea perfettamente dritta ed infinita, non potrò mai vedere nulla del genere nella realtà”.
“Acuta osservazione” rispondo “ma potrai pur sempre considerare linee praticamente dritte e molto lunghe”
“Sì, ma non saranno mai la stessa cosa, saranno approssimazioni”
F, senza volerlo, mi ha offerto un assist per il contenuto della slide successiva dove presento alla classe un “amico” che non conoscevano, Laurent Lafforgue (matematico francese, classe 1966, medaglia Fields):
“Da un certo punto di vista sarebbe tutto più semplice se il mondo fosse solo una struttura matematica, o se la Matematica non avesse nulla a che vedere con il mondo fisico. La realtà è che la materia è sottomessa a leggi matematiche ma non si riduce a queste leggi. E questo è un mistero. In sé la relazione della Matematica col mondo fisico resta un mistero.”
Siamo tutto d’un tratto passati a confrontarci con degli illustri professionisti ed allora li incalzo: “Dunque la Matematica sembrerebbe un linguaggio ideale per cercare di esprimere leggi reali, sbaglio?”
Dal secondo banco alza immediatamente la mano Al: “No, Professore! Non so bene spiegarlo, ma nella Matematica c’è di più, riconosco che c’è di più: per me non è solo un linguaggio!”
Di fronte a quel “per me” non posso non commuovermi e riconoscere che siamo pronti per fare un passo in più, con il premio Nobel per la Fisica Richard Feynman:
“La cosa strana della Fisica è che […] ognuna delle nostre leggi è un’affermazione puramente matematica. […] Dirla a parole invece che a simboli […] non credo sia possibile, perché la Matematica non è semplicemente un’altra lingua. La matematica è un linguaggio più il ragionamento; un linguaggio più la logica, cioè uno strumento per ragionare.”
Abbiamo raggiunto il punto cruciale su cui volevo portarli e molti in classe, che ancora non si erano esposti, intervengono e dicono la propria: la Matematica non è solo un linguaggio, perché è uno strumento con cui la nostra ragione si aiuta a pensare.
Li invito a riflettere sull’algebra simbolica, sulle equazioni di secondo grado, programma dell’anno scorso: non è in fondo difficile intuire quali siano le soluzioni dell’equazione, ma ci sono equazioni che la nostra intuizione non può risolvere, di cui tuttavia si conoscono le formule risolutive.
Magari faticheremo a crederci ma la nostra ragione, con la Matematica, a partire da intuizioni supera perfino il livello stesso delle proprie intuizioni, arrivando a relazioni e conclusioni che non avrebbe potuto semplicemente intuire!
“Ma qual è il metodo della Matematica, ragazzi?”
F, dal primo banco, risponde “Il metodo scientifico” ed allora riflettiamo insieme: “Ma il metodo scientifico è sperimentale… Siete soliti vedere esperimenti in Matematica?”
Il silenzioso D, al primo banco laterale, ancora mai intervenuto, corregge subito il suo compagno: “La dimostrazione!”
“Perfetto!” dico “Ma allora è sensato chiedersi cosa vada dimostrato: proprio tutto?”
D sembra essersi sciolto tutto insieme: “No, gli assiomi non si dimostrano”
Lo vedo preparato, allora incalzo: “Ma alcune affermazioni non sembra vadano dimostrate, eppure non sono assiomi…”
Scrivo alla lavagna 7+5=12 e li punzecchio sul fatto che questo non è un assioma: l’assioma non dice questo, semmai dice che 0+1=1… Ma allora questa uguaglianza andrebbe dimostrata, perché mai avrebbe senso farlo?!
È il momento di presentare l’ultimo “amico”, Gottlob Frege (filosofo e matematico di fine ‘800), che ci aiuta a concludere il nostro percorso, rispondendo proprio alla domanda sul senso della dimostrazione:
“È nella natura stessa della Matematica che dovunque sia possibile una dimostrazione la si ritenga preferibile a una semplice verifica induttiva. In realtà il processo dimostrativo non ha esclusivamente lo scopo di elevare al di sopra di qualsiasi dubbio la verità dei singoli teoremi, ma anche di farci comprendere la dipendenza di queste verità le une dalle altre.”
Mancano una decina di minuti alla campanella, siamo rimasti perfettamente nei tempi, allora improvviso un altro esempio, disegnando un triangolo alla lavagna.
“La somma degli angoli interni è…?” e tutti rispondono in coro “180°”. “Bene! Ma sapreste dimostrarlo?”
Silenzio.
Scrivo alla lavagna, a parole, il postulato delle rette parallele di Euclide.
A, ragazza dallo sguardo vispo e dal grande sorriso solare, ed Al – lasciandomi anche un po’ sbalordito – lo usano subito per dare una dimostrazione asciutta e corretta, che spiegano a tutti gli altri.
Porto la loro attenzione sul fatto che quella “nuova” verità appena dimostrata è dunque vera – in base a quanto detto da Frege – proprio perché è vero il quinto postulato, che garantisce esistenza ed unicità della retta parallela.
Guardo l’orologio, 5 minuti… Il tempo di osare un po’ di più!
“Ma se il quinto postulato non fosse vero?”
“La dimostrazione non andrebbe più bene” mi risponde qualcuno.
Sono entusiasta: “Esattamente! Non solo non andrebbe più bene, ma questo teorema sui triangoli potrebbe non essere più vero!”
Mi spiego meglio con un esempio, permettendomi di “correggere” l’enunciato del quinto postulato, sostituendo ad “esiste una e una sola retta” le parole “non esiste nessuna retta” e disegno una sfera alla lavagna, lasciando intuire loro cosa sia una “retta” su una sfera, un concetto profondissimo eppure così facile da intuire, se guidati.
Disegno un triangolo con tre segmenti di queste nuove “rette”, prendendo una grossa porzione di sfera, quindi faccio notare loro che gli angoli interni in questo caso sono tutti e tre retti.
A due minuti dalla fine dell’ora dei ragazzi non si tengono e vogliono fare domande sulla geometria sferica, un lavoro che andrà approfondito.
Suona la campanella e mentre raccolgo le mie cose per andarmene mi sento semplicemente elettrizzato: certo la presentazione è stata un successo, il dibattito è stato vivo ed intenso, ma non è solo questo il motivo.
Mi sono ritrovato, ponendo a loro la questione della Matematica come “ragione all’opera”, a riscoprirla vera per me.
Uscendo dalla classe per andare in un’altra mi chiedo cosa scoprirò o riscoprirò alla prossima ora con gli altri, ma una cosa è certa: di sicuro mi aspetta un grande anno! Un anno di duro lavoro ma soprattutto di crescita personale!
Buona Matematica a tutti!
Cinque citazioni, cinque uomini. Per chi si chiede come incoraggiare le ragazze a occuparsi di scienza: forse basterebbe non scoraggiarle? E coincidenza delle coincidenze, sono solo maschi a intervenire nella discussione. Compito a casa per il professor Gianni: presentare la sua materia in modo equilibrato.
Gentile signora Barbara, mi dispiace molto che la stupefacente chiarezza che certi uomini hanno avuto nella propria vita e nella propria professione di scienziati e di intellettuali possa essere posta in secondo piano da un’accusa di sessismo.
Le citazioni sono state scelte in maniera assolutamente ponderata, con un incredibile dispendio di tempo ed energie, semplicemente affinché potessero aiutare, con il loro contenuto, un dialogo che portasse a riflettere sul senso della disciplina matematica, indipendentemente dal sesso degli autori.
Mi ferisce molto la sua critica, che mi suona sinceramente più come una polemica che come un intervento costruttivo, a maggior ragione perché denota una lettura poco attenta; mi permetto di darle io un compito a casa: rilegga l’articolo e trovi l’intervento fatto dalla ragazza.
A presto e ci continui a seguire!