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La poesia della matematica
- 21/11/2017
- Pubblicato da: Tiziano Raponi
- Categoria: ITALIANO MATEMATICA SCUOLA
Ognuno di noi, fin da piccolo, è sempre stato abituato a considerare il campo culturale diviso in due grandi aree: quella scientifica e quella umanistica. Una tale visione finisce per influenzare chiunque si approcci ad una materia di studio: penso alla scelta dell’indirizzo scolastico per quanto riguarda un ragazzo che esce dalla scuola media, oppure alla scelta della facoltà universitaria per un diplomato.
Quello che mi – e ci – chiedo è perché tendiamo a considerare discipline scientifiche ed umanistiche come fossero delle rette parallele (secondo la geometria euclidea): è proprio vero che non si incontrano mai? È giusto sentirsi obbligati – fin da quando iniziamo il percorso scolastico – a scegliere una delle due, finendo per ripudiare l’altra?
Non produrrò riflessioni profonde su questo argomento così importante per il quale vi rinvio a letture più elevate, ma voglio condividere con voi le scoperte di un mio recente lavoro realizzato per studenti di terza media alle prese con la scelta del percorso di studi successivo.
La storia della letteratura è piena di esempi in cui è evidente che un poeta o uno scrittore avevano anche conoscenze matematiche, riproposte in alcuni aspetti delle loro opere (nella struttura o nei contenuti). Il poeta Leonardo Sinisgalli (1908-1981), nell’articolo “Natura calcolo fantasia” del 1951 scriveva:
La Scienza e la Tecnica ci offrono ogni giorno nuovi ideogrammi, nuovi simboli, ai quali non possiamo rimanere estranei o indifferenti, senza il rischio di una mummificazione o di una fossilizzazione totale della nostra coscienza e della nostra vita. […] Scienza e Poesia non possono camminare su strade divergenti. I Poeti non devono aver sospetto di contaminazione. Lucrezio, Dante e Goethe attinsero abbondantemente alla cultura scientifica e filosofica dei loro tempi senza intorbidare la loro vena. Piero della Francesca, Leonardo e Dürer, Cardano e Della Porta e Galilei hanno sempre beneficiato di una simbiosi fruttuosissima tra la logica e la fantasia.
Il dibattito intellettuale relativo alla contrapposizione delle due culture fu sollevato anche dal romanziere (e scienziato) inglese Charles Percy Snow (1905-1980), nel suo libro del 1959 intitolato proprio “The Two Cultures”. Egli sosteneva che la moderna mancanza di dialogo tra le due culture – all’epoca quasi totale -fosse una delle cause della decadenza civile del mondo contemporaneo e del fallimento delle sue istituzioni scolastiche. Ed a quegli intellettuali che sostenevano che le due culture erano fatalmente destinate a contrapporsi in quanto la letteratura utilizza il linguaggio con la consapevolezza che esso non è mai neutro né trasparente, mentre la scienza usa il linguaggio in modo referenziale o strumentale, risponde in modo risoluto e quasi definitivo Calvino, affermando che “la scienza d’oggi è essa stessa ormai una continua messa in discussione delle proprie convenzioni linguistiche, motivo per il quale va valorizzato il posto che il pensiero matematico sta prendendo nella cultura anche umanistica e quindi nella letteratura”. Ma l’influenza della matematica era già presente nella cultura umanistica molti secoli prima che tale dibattito avesse inizio…
Solo et pensoso i più deserti campi
vo misurando a passi tardi e lenti;
e gli occhi porto, per fuggir, intenti
dove vestigio uman l’arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti;
perché negli atti d’allegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avvampi:
sì ch’io mi credo omai che monti e piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.
Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so, ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, ed io con lui.
“Solo et pensoso” è un sonetto scritto da Francesco Petrarca intorno al 1337. In esso si può osservare come sia composto da 14 versi divisi in due strofe di 4 e due di 3 versi, tutti composti da endecasillabi (versi di 11 sillabe). Il sonetto (la forma poetica più famosa della tradizione letteraria italiana) nasce con Jacopo da Lentini alla corte di Federico II di Svevia, dov’era di casa Leonardo Fibonacci. Secondo il filologo tedesco Wilhelm Pötters, Fibonacci ha influenzato molto “l’invenzione” del sonetto. Come abbiamo visto, la sua struttura metrica ruota attorno ai numeri 14 (la quantità dei versi) e 11 (la quantità delle sillabe di ciascun verso); il rapporto $latex \displaystyle\frac{11}{14}$, pari circa a $latex \displaystyle\frac{\pi}{4}$, esprime due importanti relazioni geometriche: quella tra cerchio e quadrato circoscritto e quella tra quadrante e diametro all’interno del cerchio medesimo.
Un altro esempio, sempre in ambito poetico, di come la matematica abbia ispirato componimenti letterari, si può trovare nella sestina. La sestina, creata nel XII secolo dal trovatore provenzale Arnaut Daniel, è un componimento poetico di 6 strofe (dette stanze), ciascuna composta da 6 versi, e da 3 versi definiti “congedo”. Tra le regole strutturali, si ha che nessun verso rima all’ interno della stanza e i versi che rimano tra loro terminano con la stessa parola-rima. I versi sono ordinati secondo la regola della retrogradatio cruciata, o permutazione centripeta. Questo lo schema:
ABCDEF, FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB, BDFECA.
Le sestine di Arnaut Daniel, insomma, procedono secondo permutazioni regolari da una sestina all’altra (matematicamente, si tratta di permutazioni in base 6) e creano una sorta di “movimento segreto” paragonabile a una spirale. Il matematico e poeta Jacques Roubaud ha paragonato tale schema alla “spirale della chiocciola”.
Ma la matematica non è presente solo in fase di “costruzione” di componimenti letterari. Concetti geometrici importanti sono presenti, ad esempio, nella Divina Commedia, di cui citiamo come esempio principale, i versi 13-15 del canto XVII del Paradiso. In questi versi, Dante si serve di un esempio geometrico per dimostrare l’impossibilità logica di una determinata situazione; nella fattispecie, Dante cita il XVII teorema del primo libro degli Elementi di Euclide:
“Due angoli di un triangolo, presi in qualunque modo, danno una somma minore di due retti”.
Nel canto XVII, Dante ha appena incontrato il suo avo Cacciaguida e intende dirgli che lo vede così elevato, così in alto con il suo spirito che, come le menti umane vedono con assoluta certezza che in un triangolo non possono starci due angoli ottusi, così Cacciaguida vede le cose del futuro prima che avvengano:
O cara piota mia che sì t’insusi,
che, come veggion le terrene menti
non capere in triangol due ottusi,
così vedi le cose contingenti
anzi che sieno in sé, mirando il punto
a cui tutti li tempi son presenti;
Sorprende come Dante scelga di citare la proposizione XVII del primo libro degli “Elementi” proprio nel canto XVII del Paradiso! La scelta non può essere casuale e Dante non solo sceglie con estrema pertinenza questo ed altri risultati della geometria nei versi della Divina Commedia, ma dimostra di avere padronanza dei concetti utilizzati.
Nella letteratura moderna, tra i tanti autori che sono rimasti colpiti dalla bellezza del pensiero matematico, citiamo il Premio Nobel per la letteratura 1996 Wislawa Symborska. La poetessa polacca usa spesso temi matematici nei propri versi. Riportiamo di seguito i versi di “Sul Pi Greco”, poesia che celebra il numero trascendente per eccellenza:
Degno di meraviglia è il numero Pi greco
tre virgola uno quattro uno.
Le sue cifre seguenti sono ancora tutte iniziali,
cinque nove due, perchè non ha mai fine.
Non si fa abbracciare sei cinque tre cinque con lo sguardo,
otto nove con il calcolo,
sette nove con l’immaginazione,
e neppure tre due tre otto per scherzo, o per paragone
quattro sei con qualsiasi cosa
due sei quattro tre al mondo.
Il più lungo serpente terrestre dopo una dozzina di metri s’interrompe.
Così pure, anche se un po’ più tardi, fanno i serpenti delle favole.
La fila delle cifre che compongono il numero Pi
non si ferma al margine del foglio,
riesce a proseguire sul tavolo, nell’aria,
su per il muro, il ramo, il nido, le nuvole, diritto nel cielo,
per tutto il cielo atmosferico e stratosferico.
Oh come è corta, quasi quanto quella di un topo, la coda della cometa!
Quanto è debole il raggio di una stella, che s’incurva nello spazio!
Ed ecco invece due tre quindici trecento diciannove
il mio numero di telefono il tuo numero di camicia
l’anno mille novecento settanta tre sesto piano
numero di abitanti sessanta cinque centesimi
giro dei fianchi due dita una sciarada e una cifra,
in cui vola vola e canta, mio usignolo
e si prega di mantenere la calma,
e così il cielo e la terra passeranno,
ma il Pi greco no, quello no,
lui sempre col suo bravo ancora cinque,
un non qualsiasi otto,
un non ultimo sette,
stimolando, oh sì, stimolando la pigra eternità
a durare.
Abbiamo mostrato solo alcuni esempi di come matematica e letteratura possano coesistere ed aiutarsi nel mostrare i lati più affascinanti delle loro strutture. Molte discipline umanistiche e scientifiche sono più legate di quello che possa sembrare. Forse il punto della questione è approcciarsi alla cultura letteraria con uno sguardo rivolto a quella scientifica, e viceversa; e realizzare che, come suggerisce il matematico Claudio Bartocci, “forse letteratura e matematica non aspirano alla verità ma alla bellezza. La ricerca della bellezza è forse ciò che più segretamente le accomuna…”
Buono studio e buona matematica a tutti, “scienziati” e “letterati”!