Insegnare Matematica: una bellissima fatica!
- 09/03/2016
- Pubblicato da: Tokalon
- Categoria: MATEMATICA SCUOLA
Non potevamo che iniziare ricordando dove tutto è cominciato, da quegli esami di storia della matematica e di teoria dei giochi con il professor (anni dopo diventato un caro amico) Giorgio Israel. Sono passati molti anni, sono cresciuto umanamente e professionalmente, è nata l’associazione ToKalon e oggi, insieme a diversi compagni d’avventura, sono qui a proporvi questa bellissima esperienza di formazione e innovazione didattica nell’ambito della matematica, che per il momento abbiamo pensato di chiamare proprio ToKalOn Matematica.
In questo spazio ogni settimana condivideremo con voi esperienze didattiche e articoli, vi consiglieremo libri, video e siti utili, vi segnaleremo eventi e raccoglieremo tutti i vostri commenti. È bello insegnare, ma ancor più bello insegnare Matematica perché vuol dire insegnare a usare la ragione, a pensare, a osservare e perché richiede una bellissima fatica.
BUONA MATEMATICA A TUTTI!
Giorgio Israel: un uomo che usava il cuore. Ricordo di un allievo
Provo a raccontare chi è stato e rimane per me Giorgio Israel e lo faccio mentre rileggo la nostra corrispondenza. Il 21 novembre 2005 scrivevo per la prima volta al professor Giorgio Israel per prendere un appuntamento. Tre giorni dopo ero nel suo studio insieme a dei miei compagni di corso e dopo una bellissima chiacchierata ci proponeva di metterci d’accordo per una cena. Per diversi mesi l’ho rincorso nella speranza di quella cena, ma gli impegni e uno stato di salute non perfetto non hanno permesso che si realizzasse la sua proposta. Nel frattempo ho seguito i suoi corsi di storia e dato con lui tre esami ricchi di soddisfazioni. Un anno dopo il professor Israel mi scriveva una mail per gli auguri di Natale dandomi del tu per la prima volta. Da quel giorno fino alla mia laurea nel luglio 2007 è stato un susseguirsi di incontri, di chiacchierate nel suo studio a 360°: dalla storia della scienza ai problemi dell’università, alla politica italiana e internazionale. Poi nel dicembre 2007 un episodio singolare: alcuni studenti universitari vanno a trovarlo a mio nome per fargli una proposta senza però avere le idee molto chiare. Così il professor Israel mi scrisse una mail di cui riporto uno stralcio: Caro Luigi, mi piacerebbe parlare con te dell’incontro che ho avuto e che è stato francamente deludente. […] trovo alquanto singolare che si abbia a disposizione un docente che tiene un corso di storia della matematica – ovvero di una disciplina la cui conoscenza, anche a livello iperelementare è prerequisito per discutere di queste cose – e l’ultima cosa che si consideri è di seguire il suo corso. È una testimonianza ulteriore – se ve n’era bisogno – di quanto l’università sia ridotta a mero didattificio ed esamificio e non passi neppure per la mente che un corso possa fornire cultura, conoscenze e idee. Capisco che non l’hanno messa nei piani di studio, ma l’interesse culturale può ben spingere a seguire un corso “gratis”. Altrimenti vale la frase di Magris a uno studente che gli chiedeva quanti crediti gli avrebbe dato per seguire un suo seminario: “Lei ha mai baciato una ragazza gratis?”. […]
Per favore, non vi adeguate alle mode. Studiate, studiate e studiate, riflettete e pensate, GRATIS, prima di pretendere di spiegare e “mostrare” agli altri. Quello viene dopo, quando sarete certi di aver qualcosa da dire che valga. Avete tanto tempo davanti a voi.
L’ultima sottolineatura è originale del professore e l’ho presente – o almeno provo ad averla presente – ogni giorno che entro in classe.
Dopo averlo ringraziato per quella mail ricevo gli auguri di Natale con la famosa canzone degli Eagles “Please Come Home For Christmas”, un esempio della sua grande passione per la musica.
Il 12 marzo 2008 ricevo da Giorgio (ora ci diamo reciprocamente del tu!) una informativa su un seminario organizzato da sua moglie all’università Roma Tre “Innovazione e tradizione nella matematica e nel suo insegnamento”: non riesco ad andare a nessun incontro poiché impegnato con il lavoro (ho cominciato a insegnare) e con la scuola di specializzazione, ma l’argomento mi interessa, eccome!
A questo punto, per due anni e più, non sento né vedo Giorgio fino a quando un giorno – che difficilmente dimenticherò – mi arriva una telefonata. È il 17 maggio 2010, dall’altro capo del telefono c’è una voce con l’accento spagnolo, è la professoressa Ana Millán Gasca, la moglie di Giorgio. Mi dice che ha conservato il mio nome sulla sua scrivania per più di due anni e solo ora ha potuto chiamarmi per farmi una proposta lavorativa. Ma io insegno a scuola, sono soddisfatto del mio lavoro e non ho intenzione di ascoltare altro… eppure il giorno prima un caro amico sacerdote – anche lui spagnolo – in merito a una mia richiesta di consigli per un’ipotesi di due anni di insegnamento in una scuola bilingue in Colombia, mi aveva detto: “Qualsiasi sia la scelta che farai, fa’ che sia per la crescita nella tua professione”. Ebbene, quel giorno al telefono c’era sua moglie, ma la domanda che mi fece veniva da entrambi e ancora oggi mi accompagna: Luigi, capisco la tua esitazione, ma la proposta che io e Giorgio ti facciamo si può tradurre in questa domanda “Vuoi crescere nel tuo lavoro?” Non c’è bisogno che scriva la mia risposta: se non sono segni questi?!
I cinque anni successivi fino ad oggi mi sembra che siano volati, ma sono stati pure ricchissimi tra iniziative, convegni, pubblicazioni, corsi di formazione: quella crescita professionale di cui mi parlavano non solo c’è stata, ma c’è tuttora!
Inoltre si è stabilito un rapporto affettivo con Giorgio e con Ana, sua moglie, per cui non sono cresciuto solo nel mio lavoro, ma anche dal punto di vista umano. Quando martedì mattina ho ricevuto il messaggio che mi diceva che forse sarebbero state le ultime ore di vita di Giorgio, non ho avuto dubbi: desideravo essere vicino a lui, ad Ana e ai suoi figli. Fin dai primi momenti di dieci anni fa ho avuto lo stesso desiderio di seguirlo, di imparare da lui (anche con qualche tirata d’orecchi!), ma forse scopro solo ora cosa mi legasse così tanto a Giorgio: penso alla sua grande fiducia nell’uomo, alla testimonianza costante della verità della frase “Se ci fosse un’educazione del popolo tutti starebbero meglio”, al suo essere stato un maestro che ha consegnato la nostra tradizione alla libertà dei ragazzi (e degli adulti), che li ha accompagnati in una verifica piena di ragioni, che ha insegnato loro a stimare e amare se stessi e le cose. Così, nonostante non gli chiesi neanche la tesi di laurea (quante volte me l’ha rinfacciato!), mi sono appassionato ai suoi studi, alla storia della scienza e al recupero del valore culturale della mia disciplina.
Oggi l’ho ricordato alla sua cerimonia funebre per la sua passione per la verità, per la bellezza e per la giustizia. Giorgio era soprattutto questo: un uomo che usava il cuore, con la sua esigenza di vero, di bello, di bene, di giusto e che esortava tutti senza paura a fare lo stesso, come auguro a me e a ciascuno.
Luigi Regoliosi (26 settembre 2015, IlSussidiario.net)