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A cosa serve la matematica?
- 17/04/2016
- Pubblicato da: Tokalon
- Categoria: DAL WEB MATEMATICA SCUOLA
A cosa serve la matematica? Questa domanda in realtà ha un significato diverso per la maggioranza delle persone, probabilmente dovrebbe essere riformulata così “A cosa serve la matematica (scolastica) nel quotidiano? Ma soprattutto a cosa servirà nel mondo del lavoro?” Bisognerebbe anche dichiarare di quale matematica si parla: l’aritmetica, la geometria, l’algebra, la probabilità? Per provare a dare una risposta e per capire le varie “inesattezze” che possono emergere vi suggeriamo l’interessante lettura dell’intervento del prof. Underwood Dudley dal titolo eloquente:
What is Mathematics for?
Un titolo più appropriato sarebbe “A cosa è finalizzato l’insegnamento della matematica?” ma quello più breve attira maggiormente l’attenzione e permette di spaziare con maggiore generalità. La mia risposta sarà presto chiara, come pure la risposta al sotto-interrogativo perché l’opinione pubblica sostenga tanto la necessita dell’istruzione matematica.
A scanso di equivoci, lasciatemi dire che con “matematica” intendo l’algebra, la trigonometria, l’algebra lineare e così via: tutti gli argomenti al di là dell’aritmetica. Non c’è alcun dubbio riguardo a cosa serva l’aritmetica e perché è sostenuta. La società non può andare avanti senza di essa. Addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione, percentuali: benché non tutti i cittadini siano in grado di trattarle tutte in modo disinvolto, si assume che essi possano farlo quando e necessario. Quelli che non ce la fanno, prima o poi in qualche occasione si troveranno in svantaggio.
L’algebra, invece, è un altro paio di maniche. Quasi tutti i cittadini possono attraversare e attraversano la vita facendone tranquillamente a meno, una volta che sono usciti da scuola. Tuttavia l’algebra è sempre più presente, si infiltra nelle classi di terza media e un numero sempre maggiore di stati [della federazione USA] la richiedono per la licenza superiore. Un tacito accordo richiede che tutti siano esposti a un confronto con l’algebra. Viviamo in un’era di istruzione matematica universale.
Questa situazione è qualcosa di nuovo nella storia del mondo. La matematica non ha sempre avuto un peso così grande nell’educazione delle nuove generazioni. Non si può dire quanti bambini nell’antico Egitto e a Babilonia ricevessero un addestramento numerico, ma non erano certo molti. Naturalmente nelle civiltà antiche l’istruzione non era per tutti, e tanto meno l’istruzione matematica. L’alfabetizzazione non era universale, e sospetto che molti che sapevano leggere e scrivere non sapessero sottrarre o moltiplicare. Gli antichi greci, a loro merito, diedero origine alla matematica vera e propria, ma non lo fecero per riempire classi di alunni che imparavano a dimostrare teoremi. Al loro confronto, gli antichi romani erano una nullità matematica. I sapienti arabi che iniziarono a sviluppare l’algebra dopo la caduta di Roma lo facevano per il loro piacere e non come qualcosa destinato alle masse. Quando Brahmagupta risolveva l’equazione di Pell un migliaio di anni prima che Pell nascesse non aveva in mente alcuno studente.
Naturalmente, penserete, quelli erano gli antichi; nei tempi moderni siamo più avanti, e almeno l’aritmetica è sempre stata una parte dell’istruzione scolastica per tutti. Ma non è vero. Potrà essere una sorpresa, come è stata per me, scoprire che l’aritmetica non era inclusa nell’istruzione scolastica nel periodo coloniale. In A History of Mathematics Education in the United States and Canada (National Council of Teachers od Mathematics, 1970) leggiamo
Fino a pochi anni fa, nessuno studio era previsto nella giornata scolastica se non sillabare, leggere e scrivere. L’aritmetica era insegnata da alcuni istruttori una o due sere alla settimana. Ma nonostante l’opposizione più determinata, l’aritmetica è ora permessa nelle ore scolastiche.
Opposizione all’aritmetica! Opposizione determinata! Come poteva essere? Come poteva funzionare una società senza una popolazione competente in aritmetica? Poteva, e fioriva. L’aritmetica era certo necessaria in molte occupazioni, ma quelli che ne avevano bisogno la imparavano sul lavoro. Era un sistema che funzionava allora con l’aritmetica e può funzionare oggi con l’algebra.
L’aritmetica si è fatta strada nei programmi ma, allora come ora, i datori di lavoro non erano soddisfatti di quello che la scuola forniva loro. Patricia Cline Cohen nel suo inestimabile A Calculating People: The Spread of Numeracy in Early America (Univ. of Chicago Press, 1983, paperback Routledge, 1999) ci informa che
Prima di questa legge [1789] l’aritmetica non era stata richiesta per nulla nelle scuole di Boston. Dopo alcuni anni un gruppo di imprenditori di Boston protestò presso la direzione scolastica che gli studenti addestrati con il metodo di insegnamento dell’aritmetica allora in uso erano del tutto impreparati per il lavoro. Sfortunatamente gli insegnanti in questo caso insistettero sulla correttezza del loro lavoro e si rifiutarono di introdurre cambiamenti.
Avevano ragione tutti e due. È impossibile preparare tutti per ogni possibile occupazione ed è vano cercare di farlo. Quindi molti di coloro che escono da scuola sono impreparati per molti lavori: ma gli insegnanti di matematica, allora come ora, facevano un lavoro corretto.
Alcuni anni fa ero a un convegno dove era in programma una conferenza sulla matematica usata dal Dipartimento dei trasporti della Florida. È parecchia. Per esempio il Dipartimento usa le somme di Riemann per calcolare l’area di appezzamenti irregolari di terreno, anche se non le chiama così. Dopo la conferenza, chiesi al relatore quale preparazione matematica il Dipartimento si aspettasse nei nuovi assunti. La risposta fu, nessuna. Il Dipartimento ha deciso che è meglio per tutti gli interessati assumere che la preparazione dei suoi dipendenti non contempli nulla al di là dell’aritmetica elementare. Quello che gli serve, gli impiegati lo imparano sul lavoro.
Oggi sembra esserci in tutto il paese l’illusione che l’algebra sia necessaria nel mondo del lavoro e nella vita di ogni giorno. In Moving Beyond Myths (National Academy of Sciences, 1991) leggiamo
Mito: La maggior parte dei lavori richiedono poca matematica.
Realtà: La verità è esattamente l’opposto.
Ho cercato con molta attenzione nella pubblicazione per trovare evidenza a sostegno di questa affermazione, ma non ne ho trovata nessuna. Forse la NAS identificava la matematica con l’aritmetica. Molti lo fanno, come ho scoperto chiedendo in giro come, e se è usata la matematica. Quasi sempre, la “matematica” di cui mi parlano è costituita da argomenti che rientrano nella scuola elementare e media.
L’algebra tuttavia è menzionata esplicitamente in Everybody Counts (Na-tional Research Council, 1989):
Oltre il 75% dei lavori richiedono abilità in algebra elementare e geometria, o come prerequisito a un programma di addestramento o come parte di un esame di diploma.
Trovo straordinaria questa affermazione. Prendo le mie Pagine Gialle, le apro a caso ed elenco le prime otto categorie che mi cadono sotto gli occhi.
Custodi. Materiale per portineria. Gioiellieri. Karate e altre arti marziali. Cucce. Sindacati. Lampade.
In quali 6 di queste si richiede l’algebra, anche solo per addestramento o diploma? Ho cercato di nuovo delle prove nella pubblicazione del NRC ma non ne ho trovate.
Può darsi che non si presenti alcuna evidenza perché non ce ne è bisogno: lo sanno tutti che l’algebra è necessaria per tutti i tipi di lavori. Per esempio, un editore pubblicizzava un suo testo di algebra dicendo che esso conteneva
“Applicazioni alle carriere” – Include spiegazioni, esempi, esercizi e risposte per lavori in elettronica; ingegneria civile e chimica; polizia; infermieri; insegnanti; e altri. Mostra agli studenti le relazioni tra i concetti di ciascun capitolo e abilità lavorative – con applicazioni sviluppate attraverso interviste e ricerche di mercato nei posti che danno garanzia di rilevanza.
Naturalmente ne chiesi subito una copia in prova, e l’editore me ne face grazioso omaggio. Per ricambiare il favore, non citerò il nome dell’editore e dell’autore. Le applicazioni lavorative erano di questo tenore:
In preparazione ai Giochi Olimpici Invernali di Salt Lake City del 2002 alcune persone decisero di mettere in comune i loro soldi e di dividere equamente la spesa di $12000 per l’affitto di un appartamento a quattro stanze da letto a Salt Lake City per due settimane. Il numero iniziale di persone che avevano deciso di condividere l’appartamento cambiò quando due persone si ritirarono ritenendo l’appartamento troppo piccolo. Quelli rimasti nell’accordo devono ora pagare ciascuno $300 dollari aggiuntivi per l’affitto. Quante persone sono rimaste?
Non era specificato a quale tipo di carriera esattamente questa situazione si applicasse. Ne era menzionato il fatto che il modo migliore per risolvere il problema era quello di rintracciare un membro del gruppo e chiederlo a lui. La risposta dovrebbe essere diretta. Se la risposta fosse lo stesso arzigogolo del testo, questa persona dovrebbe essere presa a bastonate finché non si decide a comportarsi in un modo più civile.
Non che il problema non sia un buon problema. È buono, molto buono, e gli studenti dovrebbero cercare di risolverlo. Gli studenti dovrebbero essere costretti a risolvere diversi problemi formulati a parole, quanti più tanto meglio. La ragione per risolverli tuttavia, non e che così saranno facilitati nella loro carriera.
Un altro testo, di cui non rivelerò il nome dell’autore e dell’editore – me lasso, ancora in stampa nella terza edizione – afferma
Questo testo aspira a mostrare che la matematica è utile praticamente a tutti. Spero che chi lo userà terminerà il suo corso avendo acquisito una maggiore confidenza nella propria abilità a risolvere problemi pratici.
Ecco uno dei problemi pratici:
Un circolo di investimenti ha deciso di comprare $9000 di azioni con un ugual contributo da parte di ciascun socio. Ma due membri lasciano il club e i restanti devono pagare ciascuno $50 dollari aggiuntivi. Quanti soci appartengono al circolo?
Notate la somiglianza con l’applicazione alle carriere del precedente testo? I due problemi sono lo stesso problema, con numeri diversi. Il secondo non ha nulla di pratico, così come il primo non ha alcuna probabilità di presentarsi nel corso di una attività.
La ragione per cui questo problema – meritevole di essere svolto dagli studenti – appare in testi differenti e un problema super, talmente super che ha continuato per secoli ad apparire nei testi, copiato dall’uno all’altro. Se volete un problema che faccia risolvere agli studenti una equazione quadratico, eccovi serviti.
Continuo a cercare usi dell’algebra nei vari mestieri, ma continuo a essere deluso. Per essere precisi, ho continuato a cercare finché non mi sono convinto che di fatto non ce ne sono. Per scrivere questo articolo, ho fatto una nuova ricerca e ho trovato un sito web che prometteva applicazioni dell’algebra del college. Il primo era:
Siete un responsabile di servizi in una piccola città. La città possiede circa 400 miglia di strade che devono essere spazzate dopo ogni nevicata pesante. Quanti spazzaneve bisogna usare per completare il lavoro in una giornata se ogni spazzaneve può muoversi quando è sulla strada a circa 7 miglia all’ora?
Questo è un altro esempio di una “applicazione” da manuale, senza alcun riferimento da parte dell’autore alla realtà esterna. (Deve essere una piccola città ben grande che ha 400 miglia di strade.) Il responsabile dei servizi sa di quanti spazzaneve dispone e può stimare quanti sono necessari in aggiunta, nel caso ce ne sia bisogno. […]
Sono contento che non dobbiamo dipendere dall’abilità dei lavoratori nel risolvere problemi di algebra per superare la giornata perché, come ogni insegnante sa, gli studenti non sempre sanno affrontare i problemi come si deve. Il direttore del dipartimento di una delle Dieci Grandi Università ha osservato una volta, forse al termine di una giornata storta, che è possibile per uno studente laurearsi in matematica senza aver mai risolto un problema in modo corretto. I crediti parziali permettono di fare una lunga strada. Si era negli anni cinquanta, considerati da molti l’età d’oro della didattica della matematica.
In uno dei test internazionali di capacità matematiche è comparso una volta il problema di trovare quale di due forme di abbonamento a una rivista era più conveniente: 24 numeri con (a) i primi quattro gratis e $3 per ciascuno dei rimanenti o (b) i primi sei gratis e $3.50. Il problema non è difficile e ve lo lascio per esercizio. Per quanto fosse facile, solo il 26% degli studenti americani di terza media furono in grado di risolverlo correttamente. Tale percentuale era superiore alla media internazionale, che era del 24%. Perfino i giapponesi raggiunsero solo il 39%. Senza dubbio quando gli studenti di terza media diventeranno adulti sapranno risolvere meglio problemi del genere, ma comunque non mi fa piacere che si trovino a dover risolvere problemi la cui soluzione, se errata, mi può danneggiare.
Benché le persone sappiano che non devono usare l’algebra ogni giorno, e neanche una volta al mese, molti sembrano ritenere che ci siano tanti di quelli a cui capita. Forse hanno assorbito l’insistenza degli autori di libri di testo sugli usi dell’algebra nel “mondo reale”, anche se gli stessi testi di fatto dimostrano che non ve ne è alcuno. Se gli usi dell’algebra nel mondo del lavoro fossero così di usi, tutto quello che gli autori di libri di testo dovrebbero fare sarebbe di interrogare alcune persone sulle loro più recenti applicazioni dell’algebra, trasformarle in problemi e inserirli nei loro libri. Se il 75% dei lavori richiedono l’algebra, potrebbero ricavare un problema da una ogni quattro persone interrogate. Tuttavia questi problemi non appaiono nei testi. Invece troviamo la ripetizione senza fine dei problemi sul circolo degli investitori che perde due soci, e tutte le altre pizze sulle macchine che vanno da A a B e sui contadini che devono recintare il loro terreno e tutti gli altri temi che non ho spazio di ricordare. La ragione per cui i problemi tratti dalla vita quotidiana non appaiono nei libri di testo non e che gli autori difettino di energia e iniziativa: e che non ce ne sono.
Ma benché non debbano usare loro l’algebra, le persone appoggiano calda-mente l’idea che tutti dovrebbero imparare l’algebra. Tom e Ray Magliozzi, i fratelli che sono ospiti della popolare trasmissione “Car Talk” della National Public Radio, amano posare da rozzi quando non lo sono per niente. In un programma, Tom fece alcune battute contro l’insegnamento della geometria e della trigonometria alle scuole superiori. Dubito che parlasse seriamente. Che fosse serio o no, non cambia il contenuto delle sue osservazioni o la reazione degli ascoltatori. La reazione fu una unanime difesa della matematica. Quando si attacca la matematica, la gente si solleva subito in sua difesa.
Nel suo intervento, Tom racconta che aveva una fontana ottagonale nel suo giardino che voleva circondare di un bordo e doveva calcolare la lunghezza del lato dell’ottagono concentrico. Dopo esservi riuscito usando, a suo dire, il teorema di Pitagora, rifletteva:
Questa è stata forse la seconda volta nella mia vita (forse la prima) che ho avuto occasione di usare la geometria e la trigonometria che ho imparato a scuola. Inoltre, non ho mai avuto occasione di usare la matematica superiore per la quale mi aveva preparato la matematica della scuola superiore.
Mai!
Perché insieme a un milione di altri studenti ho dovuto spendere preziose ore educative per imparare qualcosa che non avrei mai usato?
Sarebbe questa l’educazione? Imparare abilità di cui non avremo mai bisogno?
Dopo una spruzzata di populismo vero o finto (“La gente che dirige gli affari dell’educazione è una banda di stupidi ingoia-denaro nel proprio interesse”) Tom concludeva che
Lo scopo di imparare matematica, che la maggior parte di noi non userà mai, è solo quello di preparare per altri corsi di matematica -che useremo ancor meno spesso che mai.
Ci furono molte risposte, inserite nel sito web della trasmissione. Tutte erano in disaccordo con la conclusione di Tom, che di fatto contiene elementi di verità. […] Una risposta includeva la seguente osservazione:
Forse lei ha avuto solo una occasione nella vita per usare la geometria, ma esistono fior di occupazioni nelle quali è un obbligo. Per quel che mi riguarda, sono contento che la mia casa sia stata progettata e costruita da persone che erano capaci di calcolare l’inclinazione del tetto per il deflusso corretto dell’acqua o il numero di piedi cubi di cemento necessari per fondamenta adeguate.
Compare qui l’errore comune di supporre che un problema una volta risolto debba essere risolto di nuovo ogni volta che si ripresenta. I costruttori di case hanno manuali e tavole, e le usano. Di fatto, le case, come le piramidi e le cattedrali, venivano costruite ben prima che l’algebra fosse insegnata nelle scuole, anzi ben prima dell’algebra. Un altro equivoco comune compare in un’altra risposta:
Ne hai cagato una bella grande a forma di sferoide schiacciato quando hai fatto la tua tirata contro il dover imparare la geometria, la trigonometria e altre cose matematiche.
Chi usa questa roba? Geologi, progettisti di aerei, costruttori di strade, chirurghi e sì, perfino tecnici del suono della radio (la modulazione di ampiezza e di frequenza sono basate entrambe sulla manipolazione di onde descritte da funzioni trigonometriche – e non farmi partire sulla corrente alternata).
Così, Tommy, datti una mossa. Le uniche persone che non usano questi principi ogni giorno sono quelle che non sanno fare e non sanno insegnare, e perciò sono adatte solo per vite come quelle dei politici o degli ospiti delle trasmissioni.
La gente sembra pensare che se qualcosa coinvolge la matematica è necessario conoscere la matematica per usarla. La radio dipende in effetti da seni e coseni ma le persone che aggiustano le manopole non hanno bisogno di trigonometria. I geologi che cercano il petrolio non devono risolvere equazioni differenziali, anche se le equazioni differenziali possono essere intervenute nella creazione degli strumenti che i geologi usano.
Non voglio dire che la matematica non è mai richiesta sul luogo di lavoro. Naturalmente lo è, e ha contribuito a fare della nostra tecnologia quello che è. Tuttavia è richiesta molto, molto raramente, e non c’è bisogno di allenare milioni di studenti per far andare a vanti la baracca. Una volta, quando ero impiegato presso la Metropolitan Life Insurance Company, mi è stato dato da calcolare un tasso annuale. A quei tempi, le compagnie di assicurazione avevano dei libri con i tassi, ma una volta ogni tanto occorreva calcolarne uno che non era nei libri. Con le mie conoscenze di matematica, feci il calcolo ma quando lo portai al mio superiore egli protesto: “No, no, non va bene, devi farlo in questo modo”. “Ma così – dissi – ci vuole il triplo di lavoro”. “Sì, ma è così che qui noi calcoliamo i tassi annuali”. La mia conoscenza della matematica interferiva con i calcoli come erano sempre stati fatti, nel modo che anche un impiegato minimamente competente sarebbe stato in grado di fare. […]
I lavori non richiedono l’algebra. Ho espresso questa verità in tanti discorsi a qualunque gruppo fosse disposto ad ascoltare, e non era raro che un membro del gruppo mi dicesse, alla fine o nel corso della conversazione, che mi sbagliavo, e che egli usava in continuazione l’algebra o il calcolo nel suo lavoro. Risultava sempre che egli usava la matematica perché voleva farlo, non perché dovesse.
Anche coloro che non sono condizionati dall’equivoco che l’algebra sia necessaria per svolgere diversi lavori sostengono l’insegnamento dell’algebra. Tutti caldeggiano l’insegnamento dell’algebra. L’opinione pubblica vuole che sia insegnata più matematica, a un maggior numero di studenti. I requisiti continuano ad aumentare, mai a diminuire.
La ragione, ne sono convinto, è che il pubblico sa, o sente, che la ma-tematica sviluppa il potere della ragione. Essa mostra, meglio di qualsiasi altro argomento, come la ragione può condurre alla verità. Naturalmente, anche altre scienze mettono in mostra il potere della ragione, ma ci sono tutte quelle aggiunte – ferro due e ferro tre, dine e erg – che si devono trattare. In matematica, non c’è nulla che stia tra il problema e il ragionamento.
Anche gli economisti ragionano, ma talvolta due economisti ragionano per arrivare a due conclusioni differenti. I filosofi ragionano, ma non arrivano mai ad alcuna conclusione. In matematica i problemi possono essere risolti usando la ragione, e le soluzioni possono essere controllate e mostrate corrette. A ragionare si deve imparare, e la matematica è il modo migliore di impararlo.
La gente percepisce questo fatto, magari non consapevolmente, e quindi vuole che i suoi gli prendano matematica. Tante volte delle persone mi hanno detto che ad essi piaceva la matematica (anche se la chiamano “mate”) perché era così definita e dava soddisfazione arrivare alla risposta giusta. Non è capitato anche a voi? Alle persone piace essere capaci di ragionare correttamente. Sanno che l’esercizio fa bene. Nessuno mi ha mai detto “Mi piaceva la matematica perché mi procurava un buon lavoro”.
Non abbiamo più la fiducia nella nostra disciplina che ci permetta di fare queste affermazioni. Noi giustifichiamo la matematica con la sua utilità nel mondo del prendere e dello spendere. I nostri antenati non erano così diffidenti. Nel 1906 J. D. Fitch diceva:
Dai nostri futuri avvocati, preti e statisti ci si aspetta che all’Universita imparino molto sulle curve, gli angoli e numeri e proporzioni; non perché questi argomenti abbiano la minima relazione con le necessità della loro vita, ma perché nell’atto stesso di padroneggiarli essi quasi certamente acquisiranno l’abitudine al ragionamento preciso e sicuro che è indispensabile in tutte le imprese della vita.
Non so chi sia questo J. D. Fitch, ma aveva ragione. Thomas Jefferson ha detto:
La matematica e la filosofia naturale sono così particolarmente coinvolgenti e deliziose che si desidera essere familiari con esse. A parte questo, le facoltà della mente, come le membra di un corpo, si rafforzano e migliorano con l’esercizio. Il ragionamento matematico e la deduzione sono, perciò, una ottima preparazione per affrontare le astruse speculazioni della legge.
[…] Ecco a cosa serve la matematica e a cosa è sempre servita: a insegnare a ragionare, di solito attraverso stupidi problemini. Nel papiro Rhind, il testo egiziano del 1650 ca. a. C., troviamo:
Dare 100 pagnotte a cinque uomini in modo che le parti siano in progressione aritmetica e che la somma delle due parti più piccole sia 1/7 delle tre più grandi.
Gli antichi egizi erano un popolo pratico, e tuttavia questo problema eminentemente non pratico era ritenuto meritevole di essere risolto. (Le parti sono 1 e 2/3, 10 e 5/6, 20, 29 e 1/6, 38 e 1/3.)
[…] Non sono così poco realistico da richiedere che gli autori di libri producano testi dal titolo “Algebra, un preludio alla ragione”. Non decollerebbe. Non vogliamo rendere gli studenti recalcitranti ancora più recalcitranti. Ma potremmo forse abbassare un poco il tono? Possiamo insistere un po’ meno che la matematica sia essenziale per guadagnarsi da vivere?
L’obiettivo dell’educazione matematica non è rivolto ai lavori. È di insegnare la corsa alla ragione. Non sempre riesce, lo sa il cielo. Non è la sola strada per l’obiettivo, ma non ce ne sono di migliori. Inoltre merita insegnarla. Se fossi portato all’iperbole direi che la matematica è la creazione più gloriosa dell’intelletto umano, ma non sono portato per le iperboli per cui non lo dirò. Tuttavia, quando sarò davanti al trono del giudizio, celeste o di altro tipo, e mi sarà chiesto di giustificare la mia vita, mi alzerò orgoglioso e dirò: “Sono stato uno dei guardiani della matematica, ed essa non ha patito sotto le mie cure”. Non dirò “Ho aiutato qualcuno a ottenere un lavoro”.
Underwood Dudley, What is mathematics for?, Notices AMS 57 (2010), n. 5, pp. 608-13.