C’era una volta… (La lezione di scienze – Cap. 1)
La legge di conservazione della massa: una storia per la chimica
Siamo in classe e la sfida di 20 bambini di prima media che ti osservano con curiosità, a volte mista a sonnolenza, è sempre molto grande. Oggi si parla della materia, della composizione di tutto ciò di cui è fatto il mondo, ma come iniziare? Elencare qualche definizione da imparare a memoria come sostanza pura o miscuglio? Non mi basta, mi annoia, e, se questo è l’effetto che fa su di me, immagino sui miei allievi, ancora con gli occhi davanti ai cartoni animati – che guardavano qualche ora prima a casa, e avvolti dal ricordo delle loro mani intorno al tazzone di latte caldo.
Quando tali dubbi mi assalgono cerco sempre degli stimoli ripensando alla mia esperienza. La mia “amicizia” con la scienza affonda le sue radici nel rapporto con mio zio, fatto di racconti e storie di uomini. “Ma sì”, mi dico, partiamo da un cuore, partiamo da una storia, da un uomo e tutto sarà diverso per i miei giovani allievi, così come lo è stato per me. I racconti di mio zio mi hanno introdotto ad Aristotele, Boyle, Einstein, Volta; erano aneddoti, reali, ma romanzati come si direbbe oggi e legati a doppio filo alla sua vita… tutto mi sembrava così vicino, umano, alla mia portata e anche i fenomeni che studiavano, più semplici da comprendere e memorizzare.
La materia in classe
“Sapete chi era Antoine Lavoisier?” (sulla vita di Lavoisier si veda “Breve Storia della Chimica”, Isaac Asimov, Zanichelli) La domanda di esordio per la nostra lezione di Scienze suscita qualche dubbio, una curiosità. I nomi, per i bambini, specialmente quelli delle persone fanno questo effetto. Qualcuno rischia la sua risposta, alcune danno modo di ridere un po’, qualcun altro alza la mano ed esplode in un “non ricordo cosa volevo dire”, sono così queste giovani menti, spontanee! Dopo qualche tentativo racconto una storia, la storia di un uomo che, come loro, aveva un cuore, delle ambizioni ed un desiderio di felicità, di sentirsi bene nel mondo ed in pace con ciò che faceva. La storia di oggi è la vita di Lavoisier, i suoi esperimenti con la bilancia, esperimenti semplici come quello in cui fece bollire dell’acqua per 101 giorni oppure quando bruciò un diamante con alcuni suoi colleghi. I bambini sono rapiti, nei loro occhi scorrono le immagini di questo uomo e delle sue avventure, il matrimonio con la sua assistente, l’ideazione di un sistema di nomi per le molecole e persino la sua morte, usata come esperimento (avendo egli commissionato al proprio collaboratore di calcolare i secondi in cui avrebbe ancora sbattuto le ciglia dopo la decapitazione). La legge più importante, quella di conservazione della massa viene spiegata, i ragazzi la comprendono e colgono la mia provocazione di verificarla. Mi piace sempre, dove possibile, provocare i miei studenti, dicendogli di esperire ciò che viene loro detto. Così si abituano a pensare da scienziati. In questa strategia didattica per prima cosa l’attenzione viene accesa con un racconto che li catapulta nei fatti dell’epoca, poi le leggi ed infine la prova; questa è la mia classe-laboratorio e così elaboro le mie lezioni.
L’esperimento
Il momento degli esperimenti è quello preferito dagli studenti, li stimola e li chiama ad un “fare” costruttivo, un gioco che avvertono come “lavoro” e viceversa. L’esperimento è molto semplice e si basa su una reazione tra aceto di vino bianco (acido acetico) e bicarbonato di sodio, sostanze che conoscono bene perché presenti in casa. I reagenti inseriti in una beuta, coperta da un palloncino, produrranno un gas che si manifesterà gonfiando il palloncino. L’utilizzo di qualcosa di semplice che i bambini già conoscono è fondamentale in questi casi, poiché fa comprendere loro come gli oggetti, i fenomeni e le cose che compongono la realtà, cioè la materia, assumono un significato diverso sotto lo sguardo scrutatore e la mente riflessiva dello scienziato. Mi piace sempre ricordare loro che la differenza sul significato delle cose e sul modo in cui penetriamo la realtà deriva dallo sguardo di chi le osserva. Così fu anche per Lavoisier, il quale cambiò il mondo della chimica utilizzando la bilancia nelle reazioni e, dunque, mediante l’utilizzo di uno strumento associato fino ad allora per lo più al commercio. Egli razionalizzò ciò che vedeva, osservò e ne trasse delle conclusioni. I ragazzi sono così carichi di aspettative e desiderosi di “fare” che tutto, persino il fatto che un palloncino si gonfi con un gas (fenomeno che hanno osservato chissà quante volte) desta in loro un grande stupore. Ci siamo riusciti, lo sguardo di queste giovani menti sulla realtà è diverso, profondo, scientifico. La reazione procede ed il palloncino si gonfia ed il peso della nostra beuta non cambia! Parte del liquido e del solido si sono trasformati in gas, cioè anidride carbonica e infatti – nello stupore generale – quando sgonfiamo il palloncino e ripesiamo il tutto, manca qualcosa al valore precedente. Dal fondo dell’aula in cui i banchi sono uniti a gruppi da 4 per formare delle isole che emulano banconi di laboratorio, si sente l’esclamazione di Alessio “Quindi i gas pesano! “
La relazione
Non è finita però e adesso è il momento della relazione, prima singola, poi, in seguito ad una discussione da me guidata, comune. “Il momento della relazione è importante perché dovremo inserirla nel nostro quaderno di laboratorio in modo tale che i vostri compagni più piccoli, il prossimo anno, possano riprodurla”. Lancio così nella loro immaginazione degli aspetti che riguardano il futuro, il legame con i posteri, l’inizio di una trasmissione che è il significato della parola tradizione e di ciò su cui si basa anche il mondo della scienza. In questa fase emergono le domande più importanti, i dubbi – che mi fanno comprendere come migliorare la lezione o dove sono stato carente nella spiegazione – e le intuizioni che offrono spunti riguardo al punto in cui potersi spingere con il lavoro.
Una frase per ricordare
Quando sono in classe con i ragazzi emergono molti aspetti interessanti e per me stimolanti, che a volte neanche io riesco a prevedere nel programmare la lezione; la verità è che l’incontro con la classe rispecchia l’incontro con la realtà; ciò che voglio dire è che trovo sia giusto programmare ma a volte l’attenzione, la domanda, l’intuizione di chi sta dinanzi a te sono ciò che danno un sapore diverso ai contenuti. Nel farmi sorprendere ogni giorno da questa magica realtà e nel desiderio di condividerla con i miei studenti universitari penso a tutti i contenuti didattici di tali lezioni (l’importanza dell’aspetto laboratoriale, la partecipazione degli studenti all’elaborazione delle conclusioni, la funzione della storia delle scienze e della biografia dello scienziato protagonista) e dopo attenta riflessione giungo sempre alla stessa conclusione: partire da un’esperienza per veicolare la teoria. Gli aneddoti, le particolarità, le sfumature che regalano sempre i bambini offrono agli studenti delle impressioni che raramente dimenticano e che li aiutano a metabolizzarne anche gli aspetti didattici e teorici che sottendono la lezione.
Anche per oggi è finita e tra poco la campanella scandirà il fatidico “cambio dell’ora”; negli occhi dei bambini si legge una certa nostalgia per ciò che abbiamo affrontato ed ora, nella pulizia del nostro “laboratorio” occasionale, intravedo nei loro gesti precisi e “composti” una certa serietà; dai primi banchi si sente un netto “Fai piano!”, spaventato mi avvicino ma è solo Maria che riprende Giulio che le appare troppo irruento nel mettere a posto la beuta. Nella nostra relazione comune lasciamo sempre uno spazio per una frase che fotografi il profilo dello scienziato conosciuto in occasione della lezione svolta; quella di oggi, condivisa e ideata insieme ai miei giovani “collaboratori scientifici”, è:
la mente dello scienziato elabora grandi cose solo se ha un cuore che ricerca la felicità.
BUONE LEZIONI DI SCIENZE A TUTTI!!!