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Come fare la differenza?
- 02/02/2021
- Pubblicato da: Tokalon
- Categoria: MATEMATICA SCIENZE SCUOLA
Pubblichiamo la lettera firmata da una giovane docente di scuola primaria.
In questi giorni a scuola sono in corso grandi cambiamenti per quanto riguarda la valutazione e, tra le molte riunioni effettuate per stabilire gli obiettivi, mi sono fermata a riflettere su alcune questioni. L’11 gennaio il Ministero ha tenuto un webinar in cui spiegava i nuovi metodi per la valutazione; dopodiché ci siamo riuniti a scuola per redigere questi obiettivi, riprendendoli dalla programmazione annuale dell’istituto.
Oltre a tutto il dibattito aperto sulla validità o meno del nuovo sistema di valutazione (e sui tempi in cui questo è stato presentato), sono rimasta colpita da un esempio usato dal Ministero, riportato in maniera molto simile nella programmazione della mia scuola: per quanto riguarda matematica, nell’ambito spazio e figure, il primo dei traguardi proposto è stato “Descrive, denomina e classifica figure in base a caratteristiche geometriche“.
Dopo cinque anni universitari, dopo aver studiato la matematica elementare in Pensare in matematica (Giorgio Israel e Ana Millán Gasca 2012, Zanichelli) e la sua didattica con i bambini in Numeri forme (Ana Millán Gasca 2016, Zanichelli), leggere una frase del genere mi ha lasciato senza parole; osservare che ciò che si richiede a bambini e bambine nel vastissimo mondo delle forme sia semplicemente descriverle, denominarle e classificarle mi ha fatto comprendere che vi è un certo modo di fare matematica radicato nelle culture, nelle pratiche e nelle politiche: dobbiamo infatti adottare una prospettiva multidimensionale, come ho imparato da Rizodidattica. Teorie dell’apprendimento e modelli didattici inclusivi (Fabio Bocci et al 2016, Pensa Multimedia). La cosa che più mi ha stupito non è stata tanto vedere questo obiettivo nella programmazione annuale della mia scuola (alla cui redazione non ho partecipato in quanto assunta come supplente successivamente), ma il fatto che proprio il Ministero lo abbia presentato come esempio, a dimostrazione di una mentalità confermata anche a livello legislativo. Di conseguenza, nelle riunioni svolte, l’obiettivo non è stato oggetto di discussione – proprio perché identico a quello presentato al webinar.
Mi sono chiesta, allora, cosa potessi fare io – giovanissima docente non ancora laureata e non di ruolo – e mi sono resa conto che non è semplice scardinare una mentalità e un modus operandi cristallizzato nel tempo: il rischio di passare per giovane inesperta e saccente che combatte contro i mulini a vento è dietro l’angolo, per cui mi sono trovata in difficoltà nel dimenarmi tra il far valere le mie idee e il fidarmi e lasciarmi guidare.
In aggiunta all’obiettivo di matematica poi, andando avanti nella riunione con le altre classi terze del mio plesso, si è ripresentato il problema con la disciplina scienze: uno tra gli obiettivi della programmazione era “Seriare e classificare oggetti in base alle loro proprietà“. A questo punto, messo da parte il timore, ho espresso la mia titubanza di fronte a verbi come classificare, distinguere, discriminare, seriare etc., sostenendo che l’obiettivo della scienza non sia seriare e classificare ma porsi con atteggiamento scientifico di fronte ai fenomeni e ho, con gioia, riscontrato grande comprensione e ascolto nei miei confronti da parte delle colleghe; è stato inserito quindi un altro obiettivo (sempre preso dalla programmazione annuale): “Osservare e descrivere lo svolgersi dei fatti, formulare domande anche sulla base di ipotesi personali, realizzando semplici esperimenti”.
Dunque, ho riscontrato (nel mio caso particolare) che le colleghe sono ben disposte a mettersi in discussione e svolgono il loro lavoro con competenza e professionalità: il problema è a monte, in ciò che è richiesto all’insegnamento di matematica nella scuola primaria. I bambini dovrebbero instaurare una relazione di intimità con i numeri e con le forme (come si spiega in modo convincente appunto in Numeri e forme) mentre da questi obiettivi emerge un lavoro asettico e arido, senza quella “scintilla” che ogni insegnante dovrebbe accendere nei propri allievi. Non c’è da stupirsi allora se la matematica diventa la disciplina più temuta e odiata dagli adolescenti.
Classificare… quanti altri verbi più interessanti erano usciti nella lezione di Matematica e didattica della matematica da poter abbinare alle figure geometriche: sovrapporle, riconoscerle nell’ambiente, confrontarle, combinarle o comporre e scomporre, vedere sezioni e proiezioni, simmetrie, loro elementi, la loro generazione o costruzione. Asticelle, cordicelle, carta velina, e tanti altri materiali destano meraviglia e fanno comprendere quasi immedesimandosi. Le figure appaiono così in modo dinamico, anche sorprendente e paradossale, come nel celebre piccolo enigma di trovare un quadrato che sia il doppio di un altro. Perché non leggere in classe La geometria del faraone, Tutti in cerchio o Mr Quadrato di Anna Cerasoli per favorire l’ingresso in questo mondo affascinante della geometria? Come sarebbe bello se le pratiche, le culture e le politiche rispecchiassero di più questo approccio! Un tentativo per riportare questo dinamismo nelle politiche fu fatto da Giorgio Israel nel 2011 con la proposta presentata alla commissione MIUR per la revisione delle indicazioni nazionali del 1° ciclo e viene fatto nella pratica didattica quotidiana da tanti insegnanti volenterosi e appassionati che svelano ai propri allievi un pezzetto del cammino nel paesaggio della matematica.
La mia riflessione non ha una soluzione, anche perché mi sono resa conto che questo modo di vedere la matematica non è solamente un fattore generazionale: mi è capitato di ascoltare una insegnante esperta tranquillizzare una collega neolaureata sul fatto che si può parlare di divisione ai bambini anche se deve spiegare ancora la moltiplicazione “a due cifre” (ovviamente sta pensando agli algoritmi scritti!). Forse la differenza la faranno i bambini stessi, con il loro entusiasmo e la loro disposizione a scoprire i misteri della matematica e ad adottare un atteggiamento scientifico, forse sono troppo convinta di me e penso di essere diversa mentre magari commetto errori ben più gravi…
Non so, ma in questi giorni il pensiero torna sempre sulla stessa domanda: come fare la differenza?
Arianna Di Gregorio