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La libertà di leggere i numeri
- 09/01/2021
- Pubblicato da: Emanuela Spagnoletti Zeuli
- Categoria: LIBRI MATEMATICA SCUOLA
Oggi (domenica 3 gennaio 2021, ndr) il tempo è grigio e piovoso, mentre la giornata è “rossa”, come da DPCM del 18 dicembre 2020 che significa “tutti a casa propria” salvo complicate eccezioni da certificare.
Facevo colazione con i miei due figli gemelli di 5 anni e mezzo e mi sono accorta che Sebastiano, che ultimamente sta imparando a leggere da solo, si divertiva a contare i quadretti della tovaglia.
Abbiamo cominciato insieme a costruire o meglio delimitare con gli oggetti sul tavolo dei quadrati di ampiezza sempre maggiore (siamo arrivati al quadrato 7 x 7) e ogni volta lui era interessato a contare tutti i quadretti della tovaglia da cui era formato il nuovo quadrato. Quindi: 4, 9, 16, 25, 36 e 49 quadretti. Ha contato correttamente con l’unica richiesta di aiuto al termine delle decine – “Cosa viene dopo 29?” “Cosa viene dopo 39?”.
A questo punto, essendo una maestra di scuola primaria appassionata di matematica, ho pensato subito ai numeri quadrati dei pitagorici e il primo riferimento visivo che mi è venuto in mente sono state le immagini de Il mago dei numeri di Hans M. Enzensberger del 1997.
Questo è un libro ricco di disegni, di riflessioni e di spunti matematici ed è adatto dai 9-10 anni in su, ma può affascinare anche i più piccoli.
Preso il libro, ho mostrato a Sebastiano la pagina 98, con la rappresentazione dei numeri quadrati.
Poi lui ha iniziato a sfogliarlo liberamente. Io pensavo che sarebbe rimasto catturato dalle belle immagini a piena pagina che rappresentano le avventure di Roberto con il Mago dei numeri (l’illustratrice è Rotraut Susanne Berner) e invece lui si è interessato alle cifre e ai simboli matematici scritti in grande (come se fossero scritti con delle matite colorate) e ha cominciato a leggerli, chiedendomi aiuto quando il numero era composto da più cifre.
Ho partecipato così in diretta a una libera esplorazione di Sebastiano su un affascinante terreno di frontiera. Contando i quadretti della tovaglia egli si trovava nell’ambiente orale consono a quest’età: vocaboli numerali e la recitazione di essi, con il rassicurante ordine “uno dopo l’altro” che ormai ha assimilato profondamente. Aprire le pagine di un libro lo ha fatto sprofondare nel terreno della scrittura, o della notazione per usare una parola che ingloba anche cifre e simboli matematici.
Ha iniziato a leggere, in modo completamente casuale, da pagina 96, dove ha richiamato la sua attenzione una striscia celeste con una sequenza di numeri a una e due cifre non consecutivi: 1 3 6 10 15 21 28 36 45 55 66 78… (numeri triangolari!). Sebastiano era molto preso, catturato da quei simboli, ci teneva a tutti costi a “dirli”, come già faceva con le lettere dell’alfabeto e in parole scritte che trovava in giro (etichette, insegne, ecc.).
Ha letto speditamente le prime tre cifre e il 10, tutti simboli che ormai conosce bene perché li vede spesso nell’ascensore, nei suoi libri, in alcune carte da gioco, ecc. Arrivato al 15 ha detto speditamente «cinquantuno» e io l’ho corretto.
Così ho capito che il suo errore era dovuto al fatto che, nel parlato, è più intuitivo associare alle cifre 1 e 5 il numerale «cinquant–uno» invece che «quin–dici», semplicemente perché in cinquantuno si sente il suono di cinque e uno, mentre in quindici non c’è traccia sonora né di uno né di cinque. È normale che un bambino di 5 anni che ancora non ha studiato i numeri e li conosce in modo assolutamente personale e intuitivo (frequenta ancora la scuola dell’infanzia), scelga la parola che per lui coincide maggiormente con le cifre che vede rappresentate.
Io gli ho spiegato che 15 si leggeva quindici, cercando di porre l’accento sul «quin-» mentre indicavo con il dito il 5 nella posizione di destra e «-dici» toccando l’1 a sinistra. Nonostante la mia spiegazione potesse davvero sembrare assurda (dire quin- al posto di cin- e dire –dici al posto di uno), ha accettato la mia correzione perché, sapendo contare autonomamente oltre il 20, per lui la parola quindici era familiare all’interno della conta: …dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, ecc.
Poi ha ripreso la lettura dei numeri sulla striscia celeste e al posto di ventuno ha detto dodici.
Un altro errore che definirei meraviglioso. Da insegnante infatti considero gli errori delle occasioni preziose, per comprendere il modo di pensare dei bambini. Quando mi capita di poter ascoltare e provare a interpretare la logica ferrea che ha portato il bambino all’errore, rimango stupita e meravigliata per come “ragionano i bambini”, combinando pezzetti di esperienza e conoscenza e interagendo (in questo caso con me).
“Perché – mi sono chiesta – ora che c’è finalmente il 21 che è facile da leggere, vent-uno, Sebastiano legge dodici?”
Mi è bastato riflettere su quello che era appena successo: lui aveva capito che quello che chiamava «cinquantuno» si doveva leggere invece quindici. Allora mi sono chiesta: quale vocabolo numerale sta vicino al quindici e nella lingua orale “funziona nello stesso modo”? Il «dodici» (quin-dici e do-dici)
Oltretutto il 12 si legge do = 2 e dici = 1 e proprio per l’ordine di pronuncia delle sillabe (do-dici) sembrerebbe la parola giusta per chiamare il numero 21!
In questo senso, seguendo l’ordine delle sillabe è intuitivamente e ingenuamente corretto leggere il 21 come do-dici se non si conosce bene complessivamente il nostro sistema simbolico di numerazione posizionale basato sulle cifre, mentre per quanto riguarda la numerazione orale in cui Sebastiano è immerso, i vocaboli cardinali per i numeri 12, 13, 14, 15 e 16 hanno la particolarità di invertire la posizione decine/unità nella pronuncia.
Questo tipo di errore succede spesso ai bambini di classe prima e seconda proprio perché non hanno completa padronanza dei numeri naturali, delle cifre indo-arabe e di come funziona il modo di leggere (dire) i simboli a più cifre e viceversa il modo di trascrivere i vocaboli numerali detti a voce. Attraverso esempi e alcune spiegazioni sul meccanismo gli alunni progrediscono in un modo che è in parte empirico. Nell’esempio di Sebastiano vediamo la curiosità che tutto questo marchingegno suscita in loro, il fatto che provano a capire da sé e a individuare regole generali e non si lasciano scoraggiare dalle eccezioni alla regola.
Per quanto riguarda l’alfabeto, è stata Emilia Ferreiro a partire dagli anni Settanta a scoprire e indagare questo interesse dei bambini prima dell’inizio della scolarizzazione per le parole e i frammenti di testo scritto (“i bambini non ci chiedono il permesso per pensare sulla scrittura”, è una sua celebre frase). Analoghe esplorazioni si riferiscono alla numerazione scritta: Sebastiano vede scarabocchi e nel contempo intravede che si collegano con le parole, con l’oralità in cui egli si sente del tutto competente. L’allenamento a scuola lo porterà a poco a poco a leggere e scrivere numeri (a collegare le parole alla notazione scritta reciprocamente), sia in sequenza sia in ordine sparso.
Di fronte a errori e tentennamenti (ogni bambino è un caso a sé, più o meno spavaldo o prudente, con opportunità di esperienza diverse fra loro), c’è purtroppo chi si allarma e preoccupa molto, invocando addirittura i fantasmi della dislessia o della discalculia (genitori e insegnanti particolarmente ansiosi o performanti). Invece ci terrei a rasserenare gli animi di chi si relaziona con i bambini di 5-6 anni: confondersi e sbagliarsi su queste cose nei primi anni di scuola è normale e sano perché denota un modo di ragionare ingenuo, in parte inconsapevole, formato da frammenti, e nel contempo lineare, ossia improntato alla ricerca di regolarità, come abbiamo visto con la storia del 15 e 12.
Per questo credo che vada incoraggiata la libertà di leggere dei bambini: leggere lettere e parole, segni e simboli numerici e accogliere con meraviglia che la lettura possa avvenire anche in modo sbagliato! (e lo stesso vale naturalmente anche per la scrittura delle parole ascoltate).
In classe prima, noi maestre insegniamo al bambino una certa procedura di lettura da sinistra a destra (es. casa si legge CASA, CA-SA, e non ASAC o SA-CA) e poi magari ci sorprendiamo se dettando DO-DICI, il bambino possa scrivere 21. I bambini apprendono per induzione e, infatti, se chiediamo a un bambino piccolo che conosce solo i vocaboli numerali da uno a nove di contare da sessantuno a sessantanove, molto probabilmente sarà in grado di farlo perché ha capito come funziona la sequenza dei primi nove numeri naturali (uno, due, tre, quattro… nove) e si limiterà ad aggiungere ognuna di queste parole al prefisso sessant- (sessant-uno, sessanta-due, sessanta-tre… sessanta-nove).
Invece con i primi numeri a due cifre 11, 12, 13, 14, 15 e 16 le corrispondenti parole sono irregolari, possono disorientare e confondere il bambino che sta muovendo i primi passi nel mondo dei numeri. Non dobbiamo stupirci e allarmarci che i bambini li sbaglino, li confondano, li scrivano o leggano invertendo le cifre.
Tornando alla lettura “sfogliata” e casuale di Sebastiano – nel senso che sfogliava liberamente le pagine alla ricerca di qualcosa che lo interessasse – ha poi voluto proseguire leggendo tutte le parti con i numeri scritti “più grandi e colorati” e così ci siamo imbattuti anche nei simboli + (più), – (meno), x (per), : (diviso), = (uguale) , (virgola), ecc.
È chiaro che per un bambino di 5 anni e mezzo queste cose non hanno un gran senso, ma si legano semplicemente al “piacere della lettura” che noto ogni volta che a cena Sebastiano cerca di leggere il nome della birra o del vino presenti in tavola se scritto in lettere capitali (stampato maiuscolo). Naturalmente a me non sarebbe mai venuto in mente di chiedere a un bambino di classe prima di leggere: 5 x 5 x 5 x 5 = 625 (cinque per cinque per cinque per cinque uguale seicentoventicinque), eppure lui l’ha voluto fare: perché negarglielo? Assecondare ogni singolo bambino che chiede di poter leggere perché ne è incuriosito o affascinato non è in contraddizione con spiegazioni d’insieme come quelle che si propongono a scuola.
Così facendo con Sebastiano siamo finiti a leggere la griglia inventata da Eratostene per scovare i numeri primi. Ha voluto leggere la griglia in cui erano stati eliminati i multipli di 2 dai primi 50 numeri. In pratica ha letto una sequenza ordinata crescente di numeri dispari, a parte il 2. Dalla sua lettura e dal tono della voce ho notato che sono rimaste le difficoltà e incertezze sui numeri composti dalla decina, mentre è andato spedito sugli altri, come già era accaduto nella lettura delle sequenze di numeri nelle pagine precedenti, ma avrà molto tempo per imparare.
Tutto questo non era minimamente organizzato, programmato, pensato; è stato un flusso di domande, richieste, osservazioni e proposte nate grazie a una certa disponibilità di tempo, alla voglia di imparare dei bambini, alla curiosità di sfogliare i libri e anche alla passione per la matematica della mamma!
In fondo è bastato poco per partire: una tovaglia tirolese in cucina in una giornata rossa di tempo grigio!
Buon anno e buona matematica a tutti!
PS: tre letture consigliate sul tema 😉
- Numeri e forme di Ana Millàn Gasca (ed Zanichelli) che illustra la meravigliosa sintonia tra il pensiero infantile e la matematica attraverso una selezione di chiavi pratiche per insegnare bene la matematica dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di primo grado passando per la scuola primaria.
- Come ragionano i bambini di Margaret Donaldson (ed. Springer) che è illuminante sulla costruzione dei primi significati matematici, tra cui il ruolo del linguaggio e l’attività di soluzione dei problemi.
- Awa insegna a contare di Enrico Giusti (ed. dal Giardino di Archimede) che racconta come sono nate le parole per contare (che cambiano in ogni lingua e denotano molteplici possibilità di associare le parole ai simboli delle quantità) attraverso un approccio di tipo storico, con una narrazione adatta per i bambini di 6-8 anni.