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Calligrafia… un contributo al lavoro!
Cara Antonella Sartorello,
in merito al tuo commento su FB all’articolo dal titolo “CALLIGRAFIA… UNA MATEMATICA D’ALTRI TEMPI?” riproposto nel blog lo scorso 10 gennaio, colgo l’occasione per alcune riflessioni.
Voglio segnalarti che i calligrafi hanno sviluppato due tipi di esercizi propedeutici mirati per bambini molto piccoli, ai quali tornare anche con bambini in difficoltà. Infatti, la proposta portata da molti studi è quella di abbandonare la distinzione fra abilità motorie fine e grosse e concentrare gli sforzi sulla distinzione fra motorie distali e abilità motorie prossimali: ciò che conta non è, affermano, la grandezza o arco del movimento sul foglio, ma la localizzazione del movimento nel corpo di chi scrive (dalla spalla in giù fino alle dita che afferrano la penna o la matita). Propedeutico e di sostegno è quindi l’esercizio distale (perché gli esercizi puramente calligrafici sono prevalentemente prossimali):
- Un primo esercizio è tracciare le lettere con il dito dentro a vaschette con la farina di mais (vedi qui).
- Il secondo è un gruppo di esercizi che in cui si colorano le figure molto regolari con maggiore o minore pressione sul foglio e regolando la velocità (si chiamano movimenti antibalistici) con movimenti circolari.
Cercheremo di proporre con Tokalon alcuni esempi di pubblicazioni sull’argomento (di Astrid Scholten and Ben Hamerling) corredate da esercizi, come quelli sviluppati da Anna Ronchi in fondo alla pubblicazione “FORME, COLORITURA E GRAFIA” di cui abbiamo inserito il link:
Questi esercizi si basano sulla fiducia in sorprendenti capacità dei bambini piccoli, anche quelli apparentemente in difficoltà, ed essa ha trovato riscontro effettivo. Dal mio punto di vista, inoltre, questi esercizi sono occasioni di esperienza geometrica, perché si basano su aspetti come la regolarità delle figure (simmetrie) e su confronti geometrici (figure uguali o figure maggiori).
La tua obiezione mi permette poi di chiarire meglio ciò che in gioco, dal punto di vista pedagogico e didattico:
1. Ciò che è in gioco con la calligrafia non è la cura nel fare le cose: il valore pedagogico profondo di questa idea (che porta anche al curarsi delle cose, della natura, dei amici e delle persone) si potrebbe rendere concreto didatticamente attraverso altre vie, e quindi non avrebbe bisogno della calligrafia. Di conseguenza, non si tratta di una prestazione dei bambini: non si tratta di “pretendere” e nemmeno di “aspirare” a qualcosa in un tal senso, si tratta di offrire un sentiero di apprendimento semplice e concreto, puntando molto in alto (ossia, con fiducia nelle capacità dei bambini), ma consapevoli che alla fine vi saranno allievi con grafia bella e naturale e altri con grafia irregolare, persino sofferta.
2. Ciò che io sottolineo è che il sentiero di apprendimento che ci propongono i calligrafi in tutto il mondo ha una semplicità e concretezza fatta di linee, orientamenti, distanze, tracciati paralleli, cerchi, confronti e rapporti, e tutto ciò in modo implicito come si conviene al modo di apprendere per immedesimazione del bambino, che esplicitamente vede cose come cielo-terra-erba, tondi, puntini grossi da dove iniziare, linee che si generano dal movimento della mano girando verso un lato o verso l’altro e andando su e giù (come nella foto: per i dettagli procuratevi il corsivo 1.0 e l’italico 1.0 a prezzo contenutissimo su www.calligraphystore.it).
Quindi proporre questo sentiero di apprendimento, indipendentemente della padronanza del corpo (controllo e armonia dei movimenti) di ogni allievo è una opportunità con molte sfaccettature, fra cui quella della esperienza geometrica intuitiva. Le altre sono più note e riguardano l’aspetto motorio, artistico-estetico, espressivo-simbolico.
3. Quando parli di fatica, impaccio, poca fluidità, carenza, tocchi il cuore della didattica. Gli esercizi che costituiscono la formazione tutta (sportiva, musicale, matematica, linguistica) costituiscono un tessuto delicato da sviluppare partendo da fragili eppure potenti capacità presenti nell’essere umano, qualsiasi sia la sua condizione nel rapporto mente-corpo. Quindi non si può rinunciare a uno dei più antichi esercizi dell’intera istruzione (i piccoli futuri scribi babilonesi iniziavano modellando le loro tavolette di esercizi e iniziando a tracciare con lo stilo), e che oltretutto i moderni hanno rivisitato e potenziato (da Pestalozzi a Séguin a Maria Montessori ai calligrafi contemporanei).
La calligrafia è una occasione di incontro con la bellezza, e la forza educativa della bellezza (la “poetica della materia” in parole di Séguin, che per primo ha cercato di insegnare a scrivere anche a bambini considerati incapaci) è incalcolabile.
4. Più nel concreto, e come incoraggiamento a tutti noi, ricorda che, fino agli anni Cinquanta (e non solo in Italia), i maestri insegnavano a scrivere a bambini che frequentavano la scuola solo i pochi mesi (alle volte solo tre) lasciati dai lavori agricoli. Bambini con mani già trasformate, avvezze a usare utili pesanti o bastoni ecc. Solo i figli delle famiglie benestanti potevano avere dita delicate e mani educate a usare strumenti musicali o a impugnare la penna. E noi ci dovremmo tirare indietro per altro genere, contemporaneo, di difficoltà di motricità? Come detto sopra, esercitarsi alla calligrafia contribuisce a educare il gesto e, non è, viceversa, il gesto che deve esistere già prima di iniziare la calligrafia (anche se ovviamente, laddove presente come talento specifico di una alunna o alunno, lo avvantaggia!). E qui ci vengono in soccorso gli esercizi propedeutici o di sostegno con i quali abbiamo iniziato questo post, e sui quali ci ripromettiamo di tornare.
Ana Millán Gasca